Le origini di Aureliano Pertile furono molto modeste: il padre Giuseppe faceva il calzolaio, mamma Maria Pesavento accudiva la povera casa di via San Zeno (oggi indicata da una lapide) ove il futuro tenore vide la luce il 9 novembre 1885,18 giorni dopo dell’amico e collega Giovanni Martinelli.
Ebbe i primi contatti con la musica cantando in chiesa da ragazzo. Adolescente si dedicò all’arte orafa a Vicenza,
non trascurando però gli studi di canto a Padova, sotto la guida del m.o Vittorio Orefice1 e successivamente a Milano con il direttore d’orchestra Manlio Bavagnoli.
Il debutto si ebbe a Vicenza, nel leatro Eretenio, con Marta di F. Flotow, il 16 febbraio 1911, e tre mesi dopo è presente a Milano al Teatro Dal Verme alla prima esecuzione italiana di Quo vadis? di J.C. Nouguès.
Negli anni successivi Pertile affronterà soprattutto opere come Rigoletto1 La Gioconda, Norma, Pagliacci, Andrea Chenier; Manon Lescaut nei più importanti teatri italiani, ma anche in Cile, Argentina (dove ritornerà più volte), Brasile, Spagna.
Nel 1916 è al Comunale di Bologna per Tosca, e finalmente alla Scala per Francesca da Rimini di R. Zandonai.
Nell 1917 viene scelto da Puccini per La rondine a Genova e nel 1920 coglie un grande successo all’Arena di Verona con Mefistofele di A. Boito.
Al Metropolitan di New York si esibisce solo alla fine del 1921, ma dal 1922 (ancora con Mefistofele) inizia con il Teatro alla Scala di Milano, su richiesta di Arturo Toscanini; una fondamentale collaborazione che durerà sino al 1937, proponendosi in una serie di ruoli di grande impegno, dal genere lirico-leggero al drammatico, evidenziando un eclettismo che ha pochi riscontri storici.
Partecipa alle prime esecuzioni del Nerone di Boito (1924) e di Mascagni (1935).
Nel periodo 1927-31 è pure presente al Covent Garden di Londra, ove coglie grandiosi successi soprattutto in Aida, Il Trovatore, Pagliacci, Manon Lescaut e Tosca. Nel 1929 a Berlino trionfa con Lucia di Lammermoor e Manon Lescaut, dirette da Toscanini.
Verso la fine della carriera (conclusasi nel I 946 a Salerno con Pagliacci di R. Leoncavallo, per poi dedicarsi all’insegnamento presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano) propone il suo Otello, caratterizzato da un’incisiva colorazione del linguaggio verdiano e da splendide risorse recitative.
Fu effettivamente un eminente tenore verdiano, però il suo repertorio si estendeva anche alle opere di Puccini, Zandonai, Giordano, Donizetti, Cilea, Mascagni e, non ultimo, Wagner, di cui fu uno splendido e storico Lohengrin.
Il suo canto, pur non giovandosi di un timbro vocale suggestivo, si imponeva per la straordinaria intensità espressiva, l’alto magistero tecnico, la rara sensibilità, una vigorosa ed incisiva accensione declamatoria, una modernità stilistica, assoluta negazione della monotonia.
Ancor oggi l’ascolto dei suoi dischi equivale ad una vera e propria lezione di canto
Sempre cortese e corretto con colleghi e direttori d’orchestra, scrupoloso ed altamente professionale, Pertile fu l’incarnazione quasi unica di una religiosa umiltà, sebbene a quell’epoca fosse già dilagante la mitizzazione tenorile.
Morì a Milano l’11 gennaio 1952.
Le sue spoglie riposano nel Cimitero monumentale di Padova.
Nel Castello di San Zeno a Montagnana, nella Sala “Martinelli-Pertile” sono esposti diversi documenti fotografici illustranti la sua gloriosa carriera.