La carriera artistica di Giovanni Martinelli, sviluppatasi in gran parte presso il Teatro Metropolitan di New York, oltre che segnalarsi per la sua straordinaria longevità, si caratterizzò per l’eterogeneità del repertorio ed il costante caloroso consenso del pubblico e della critica.
Nato a Montagnana il 22 ottobre 1885, esattamente 18 giorni prima del suo amico e conterraneo Aureliano Pertile, fu il primo di 14 fratelli nati dal matrimonio fra Antonio Martinelli, artigiano falegname, e Lucia Bellini, casalinga.
Da ragazzo si dedicò ben presto all’arte del padre, ma anche alla musica, inizialmente come cantore in Duomo e poi come clarinettista nella Banda cittadina e, durante l’obbligo di leva a Tortona, in quella militare, ove si rivelò casualmente come tenore.
Dopo proficui studi con il M.o Giuseppe Mandolini, debuttò il 2 dicembre 1910 con lo Stabat Mater di G. Rossini, al Teatro Dal Verme di Milano, e il 29 dicembre successivo, con Ernani di G. Verdi, presso il medesimo teatro.
I consensi furono tali da indurre Giacomo Puccini e Arturo Toscanini ad invitarlo, l’anno dopo, a Roma per le prime recite italiane de’ La fanciulla del West.
Successivamente, in breve tempo, si portò negli importanti teatri di Brescia, Torino, Napoli, Genova, Montecarlo, Budapest, Bruxelles, Parma.
Nel 1912, con l’esecuzione di Tosca al Covent Garden di Londra, seguita da Aida, Manon Lescaut e da La fanciulla del west, e con il debutto alla Scala di Milano (29 dicembre 1912) ancora con La fanciulla del West, si consacrò definitivamente artista di rango internazionale.
L’anno dopo (20 novembre 1913) con La Bohème inizia una lunga collaborazione con il Teatro Metropolitan di New York che durerà sino al 1946 (ben 33 anni consecutivi) per un totale di oltre 650 recite con un repertorio vasto e assai impegnativo comprendente 36 opere diverse, che propose anche in tournée a S. Francisco, Chicago, Filadelfia, Los Angeles ecc. ed in Sud America.
Acclamato interprete di diversi lavori verdiani, raccolse entusiastici consensi anche in Carmen, Pagliacci, Sansone e Dalila, Gli Ugonotti, Faust, L’Ebrea, in quasi tutte le opere pucciniane e nel rossiniano Guglielmo TelI.
Di carattere gioviale ed estroverso, godette dell’amicizia di illustri personalità del suo tempo, da Edison a Marconi, da Einstein a Puccini, a Giordano, a LeoncavaIlo, da Toscanini a Mascagni, a Giovanni XXIII che, da Patriarca di Venezia, fu in più occasioni suo ospite nella villa di Bergamo.
Nel 1937, in occasione dell’incoronazione di re Giorgio VI tornò al Covent Garden di Londra per interpretare, tra l’altro, Otello e Turandot (quest’ultima con Eva Turner).
Nel 1939 si accostò a Wagner cantando a Chicago nel Tristano e Isotta.
Si congedò dalle scene nel 1950 con una recita di Sansone e Dalla a Filadelfia, ma sorprendentemente riapparve nel gennaio 1967, all’età di quasi 82 anni, a Seattle. nel ruolo dell’imperatore Altoum nella Turandot.
Morì a New York il 2 febbraio 1969.
Le sue spoglie riposano al Verano di Roma.
Assieme a Beniamino Gigli, Martinelli fu il tenore che ereditò gran parte del repertorio di Enrico Caruso al Metropolitan. Lo stesso Caruso riconobbe in lui il suo degno successore nel ruolo di Canio nei Pagliacci, tanto da donargli un suo costume di scena.
La voce di Giovanni Martinelli si caratterizzava per la purezza del timbro lo squillo adamantino, la grande estensione e la facilità del registro acuto, la robustezza e la duttilità, il fraseggio nobile ed elegante.
Notevoli pure le sue doti d’attore.
Nel Castello di San Zeno a Montagnana, nella Sala “Martinelli-Pertile”, sono esposti diversi documenti fotografici sulla carriera del tenore, nonché una dozzina di costumi di lui indossati durante le recite al Metropolitan di New York.