(foto di Lunardi) Tantissimi sono i cantanti lirici ingiustamente dimenticati. Fra questi, da queste colonne vogliamo ricordare due tenori assai celebri nelle loro epoca. Si tratta di Alberto Caffo e di Giovanni Lunardi, che grazie a due giovani appassionati d’opera, Matteo Dalle Fratte e Gianni Trentin, sono stati giustamente commemorati alcuni anni fa.
Le spoglie di Alberto Caffo e di Giovanni Lunardi sono raccolte nel cimitero di Santa Croce a Bassano del Grappa, nel cavedio degli uomini illustri, in quanto il loro valore artistico li aveva resi celebri in tutto il mondo, tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento.
Caffo si spense a Milano, dove aveva fondato una scuola di canto molto rinomata, il 1 giugno del 1931 all’età di 64 anni.
Lunardi invece morì settantenne nel 1932, nella sua abitazione in viale Venezia, in città. Padovano di origine, aveva vissuto per molti anni a Borso del Grappa. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si era trasferito prima a Padova e poi a Bassano, città che amava molto.
A risvegliare il ricordo dei due tenori e a commemorarne degnamente la memoria è stato un gruppo di melomani, guidato dal basso Paolo Badoer, che ha avuto il privilegio di essere avviato al canto da Gilda Dalla Rizza, la prediletta di Puccini. Egli, nella sua biblioteca privata, conserva molti documenti sulla vita e le opere dei due artisti.Caffo e Lunardi – spiega Badoer – sono state due grandi celebrità del bel canto, che hanno portato il nome di Bassano nei principali teatri del mondo. La città dovrebbe esserne riconoscente e perpetuarne il ricordo.
Secondo Badoer, Caffo è stato forse l’interprete più completo delle donizettiane “Lucia di Lammermoor” e “Linda di Chamounix”, ma anche è stato apprezzato nel “Fra’ Diavolo” di Auber, di cui ha lasciato un’importante testimonianza discografica.
Di Lunardi spiccava soprattutto la sua personalità artistica. Per Badoer è stato uno degli artisti più intelligenti e più colti del suo tempo e, di conseguenza, uno dei pochi tenuti in altissima considerazione. Tenore dai mezzi potenti, ha trionfato dovunque. Resta memorabile il suo “Guglielmo Ratcliff”, opera di difficoltà tecniche scabrosissime che esigeva un artista dal valore elevato, che ora nessuno può permettersi di portare in scena. All’Opera di Budapest ed al Colon di Buenos Aires era considerato l’erede di Tamagno. Ha cantato molto anche in Olanda, quindi al Regio di Parma, alla “Fenice” di Venezia ed al “Carlo Felice” di Genova. Per le sue doti canore è stato il cantante preferito di Mascagni; pure Verdi lo considerava un ottimo “Otello”.