Il grande Cesare Siepi se n’è andato il 5 luglio 2010, aveva 87 anni e da tempo non viveva in Italia, ma negli Stati Uniti e precisamente ad Atlanta.
Gli USA costituirono per lui una seconda patria e soprattutto fu in quei teatri che colse i maggiori successi che la sua professionalità, la sua splendida vocalità, la sua arte giustamente meritavano. Infatti, scorrendo la cronologia del Met di New York è facile notare come per anni egli fu colonna stabile di quel teatro, vero e degno successore d’un altro italiano, pure trasferitosi colà, e precisamente Ezio Pinza. Questi romano di origini ravennate, il nostro invece milanese (10 febbraio 1923) ma, come suol dirsi, poco profeta in patria.
Era un basso cantante dal timbro pastoso, vellutato non forse profondo come Pasero o come Neri, ma più vicino appunto a Pinza per le possibilità che aveva di indossare con facilità e freschezza le vesti del Don Giovanni mozartiano.
Quando, dopo alcune importanti presenza italiane, seguite al suo debutto ufficiale avvenuto a Schio quale Sparafucile in Rigoletto nel 1941, approdò nel 1950 al Metropolitan di New York fu amore a prima vista: subito gli vennero affidati i principali ruoli della corda di basso, da Basilio a Fiesco, da Filippo II al Padre Guardiano, da Alvise Badoero a Mosè, e così via. Poche quindi le ulteriori presenza in Italia. Fortunatamente di lui ci restano le registrazioni discografiche, fra le quali spicca in modo particolare quella relativa a La forza del destino ove il suo Padre Guardiano trova compiuta realizzazione in virtù d’un canto nobile, un accento ispirato ed espressioni sentitamente ieratiche.
Il suo ricordo e la sua voce ci conducono inesorabilmente agli altri suoi colleghi illustri scomparsi in questi ultimi anni, perché l’epoca di Siepi fu l’epoca dei vari Del Monaco, Tebaldi, Gobbi, Barbieri, Di Stefano, Taddei, Bastianini, Protti, Simionato, l’epoca cioè della nostra giovinezza che fatalmente conduce molti ad essere “lodatori del tempo passato