Il concerto tenutosi a Codevigo a novembre 2012, dedicato come ogni anno ad un cantante lirico d’un recente passato, ha riportato alla memoria dei tanti cultori del melodramma la voce e l’arte del baritono veronese Antenore Reali, attore di prim’ordine e cantante in possesso d’una vocalità possente e robusta.
Era nato a Verona il 17 giugno 1897 e compiuti gli studi con Amelia Conti Foroni, fece il suo debutto presso il Teatro Nuovo della sua città natale quale Marcello ne’ La Bohème pucciniana il 12 Novembre 1921, raccogliendo subito ampi consensi per la voce intonata e potente. Affacciatosi però all’arte in un momento in cui brillavano non pochi astri di prima grandezza (quali De Luca, Galeffi, Montesanto, Stabile, Danise, Franci, Stracciari, ecc.), stentò dapprima a farsi luce e dovette accontentarsi di teatri di second’ordine. Nel 1924, comunque, già cantava Il Trovatore al Politeama fiorentino a fianco di Pertile; Aida a Riccione con Bernardo De Muro ed Elvira Casazza; successivamente La Traviata al Regio di Parma con la Capsir; I Puritani al Malibran di Venezia con Lauri Volpi; Il Piccolo Marat a Barcellona con Ippolito Lazaro e Tosca alla Fenice con Beniamino Gigli (1928). Quindi con colleghi di primaria grandezza.
Nel 1928 s’imbarcò per l’Estremo Oriente, scritturato dalla Grande Compagnia d’Opera Italiana diretta dal M° Carmelo Castagnino e per circa due anni cantò nelle più importanti città delle Indie inglesi ed olandesi, della Cina, del Giappone e delle Filippine, facendo conoscere a quelle platee i capolavori del melodramma italiano. Appena tornato in Italia, partì nel 1930 per una tournée in Olanda, assieme a Giuseppina Cobelli, Gilda Dalla Rizza, Gina Cigna e Carmelo Alabiso. Era un grande attore, dalla mimica eccezionale, dal gesto sempre efficace. Lo sguardo appariva gelido, arrogante; trovava inoltre nella voce colori aspri, cupi, invettive violente ed impressionanti. Sua grande interpretazione fu lo Scarpia dallaTosca, personaggio che, specie nei suoi ultimi anni di carriera, lo rese celebre ovunque, a fianco di altrettanto celebri Cavaradossi, quali Lauri Volpi, Gigli, Lugo, Malipiero, Del Monaco, Poggi, Salvarezza. Avvalendosi dell’antica esperienza e dell’incorrotto smalto della voce, il suo Scarpia conobbe applausi spontanei ed ammirati a Verona, Trieste, Milano (Teatro Lirico, Scala e Palazzo dello Sport), Roma, Torino, Mantova, Monza, Novara, Bergamo ed, infine, a Genova, San Remo e Chioggia (1950), ultime tappe del suo cammino artistico. Pregevoli furono pure il suo Rance ne’La Fanciulla del West e Michele ne’ Il Tabarro di Puccini. Di quest’ultimo personaggio esiste la sua interpretazione discografica dell’opera intera, a fianco della Petrella e dello Scarlini. A proposito di dischi, pure famosi rimangono le sue esecuzioni dei brani: “O Monumento” dalla Gioconda di Ponchielli, “Nemico della Patria” da Andrea Chénier di Giordano e “Zazà piccola zingara” da Zazà di Leoncavallo, recentemente rimessi in commercio. Abbandonate le scene ed allontanatosi dal mondo del teatro, la sua indole, liberata ormai dalle responsabilità della professione, rifulse non meno nobilmente nelle innumerevoli iniziative filantropiche, che scaturirono generose e spontanee dal suo animo, come generoso e spontaneo era stato il flusso della sua voce. Morì, per improvviso collasso cardiaco, la notte del 23 gennaio 1960, a Milano.