Nel periodo che trascorse tra le due grandi guerre, molti tenori popolavano il firmamento lirico: era quello un periodo di notevole prolificità che, oltre a una sana concorrenza, nello stesso tempo garantiva una generale buona qualità artistica ed esecutiva. Tenori cosiddetti di cartello si contendevano le “prime” nei vari teatri italiani e stranieri in virtù d’una voce robusta e soprattutto multiforme, agguerrita, capace d’affrontare i repertori più eterogenei e disparati. Non c’era allora il monopolio di pochi, ma lo splendore delle voci, in tutti i generi operistici e su tutte le corde vocali. Ecco allora che viene quasi spontaneo parlare, a questo punto, di un tenore che, per dovizia di mezzi vocali e per temperamento, seppe rappresentare degnamente, proprio nel periodo suaccennato, questa categoria preziosa di voci multiformi e versatili: Francesco Merli. Un artista che, non a caso, critici e colleghi, da Guido Tartoni a Lauri Volpi, da Celletti a Maria Caniglia, definirono serio, rigoroso rispetto alle esigenze dei vari personaggi, dalla “mente disciplinata” e dalla “volontà imperterrita”. La sua voce non era sfavillante, sfolgorante, anzi il timbro era comune e risentiva di una certa monotonia di colori e di alcune asprezze nasali o, per dirla con Celletti, ferrigne, ma quale sensazionale resistenza ai massacranti spartiti affrontati, quale versatilità, quali accenti drammatici, marcati, quale fraseggio! Sapeva salire, con sapientissime dosature dei fiati, in alto sino al fatidico Do4 con vibrazioni perfette, tutte eguali e con pochissimo dispendio di energie. Il suo Otello, proposto molte volte alla Scala, misurato, nitido e generoso, non ebbe rivali per lungo tempo. Il suo Principe Ignoto, il suo Manrico e soprattutto il suo Andrea Chénier, dignitoso e corretto, fecero epoca. La sua presenza nei tabelloni lirici, come ancora giustamente afferma il Celletti, sempre “diede dignità e prestigio a esecuzioni di grande difficoltà e fu, in molte occasioni, determinante”. Una voce all’antica, in senso buono, in quanto generosa e duttile: mai scalfitture, mai difficoltà, ma sempre pronta al servizio generoso dell’arte.
Nato a Corsico nel 1887, Merli morì a Milano nel 1976.