Concerto di Capodanno alla Fenice: si inizia l’anno già con i presupposti di un periodo di lotte e di incertezze per il futuro della cultura in genere e della musica in particolare. Cosa sarà del nostro patrimonio culturale che ci assegna il primato nel mondo? Forse ci assegneranno il premio per un altro primato, quello dell’indifferenza verso ciò che di più sacro esiste nella vita di un uomo o, di più, di una Nazione, e cioè le proprie origini, il proprio passato in cui i nostri Padri hanno operato per lasciarci una eredità. Ci accingiamo a festeggiare, giustamente, i centocinquanta anni dell’Unità d’Italia, ma ci dimentichiamo che erano anche quelli di Giuseppe Verdi e della sua partecipazione emotiva e culturale verso le vicende che condussero al fatidico 1861.
Forse stiamo passando sopra ai martiri del Risorgimento che tanto hanno lasciato nella storia letteraria del nostro Paese. Secondo me le finanze che sono state deliberate per i festeggiamenti sarebbero ben spesi se andassero a dare ossigeno a quei settori della cultura che sono il frutto dell’ideale patriottico dell’Ottocento e comunque a tutto il movimento culturale che ha messo in moto l’idea di Italia Unita. Benissimo il far risuonare sempre più spesso l’inno nazionale o far sventolare il tricolore, ma a tutto ciò si dovrebbe accompagnare il vero amore nei confronti della nostra Terra che non è stata terra di nessuno, ma ha vissuto fermenti e fremiti che sono rimasti indelebili nei cuori delle generazioni che si sono susseguite. Non servono, quindi, gli spot pubblicitari a rinverdire i ricordi che per il momento ci sono, perché tramandati dai nostri nonni e bisnonni, ma sono necessari i finanziamenti perché ciò che è nella nostra tradizione culturale si perpetui anche quando il ricordo e il “passaparola” non saranno più sufficienti se non suffragati dalla sopravvivenza delle testimonianze che ci sono state lasciate. Diamo ai teatri, anche quelli di provincia, la possibilità di far rivivere le glorie del nostro passato lirico senza l’incubo della chiusura e del licenziamento di tanti operatori del teatro che dopo anni di studio e di sacrifici vedono il loro futuro tanto incerto a fronte poi di sperperi in altri settori. Cosa ci riserva il 2011? È una domanda a cui la risposta è veramente lasciata ai posteri perché noi la vediamo “un po’ nera”.