Ogni anno, quando mi accingo a scrivere l’articolo sull’imminente Concorso, sono presa da mille scrupoli: mi ripeterò senz’altro, dirò cose ovvie e già dette più volte e così via. Ma come possiamo noi che abbiamo vissuto e “sofferto” questo Concorso fin dalle sue origini non farne memoria nel momento in cui la bella avventura ricomincia e non lasciare fluire alla mente i tanti episodi tristi e allegri che hanno contrassegnato questi ventiquattro anni di vita?
Ventiquattro anni di speranze di tanti giovani, ventiquattro anni di delusioni, di lacrime, di esplosioni di gioia, di ansie vissute bene oppure contrassegnate da scatti di rabbia mal contenuta in cui chi è dietro le quinte deve usare tutto il suo autocontrollo e la sua fermezza perché il lavoro dei Commissari non venga turbato. Ventiquattro anni di notti insonni per preparare il materiale affinché tutto sia perfetto e la Giuria possa operare nel migliore dei modi, ma anche ventiquattro anni di complimenti da parte dei Commissari stessi, dei Presidenti della Commissione, di coloro che ci seguono nel nostro lavoro e sanno quanta passione, quanto entusiasmo animi ciascun membro del direttivo in quei giorni frenetici prima e durante le varie fasi del Concorso.
Aggiungo ancora la cosa più importante: ventiquattro anni di voci, di sogni vissuti con i giovani che sono il futuro e la sopravvivenza della lirica, di quella lirica così maltrattata dai “potenti”, da coloro che vedono in questo settore della cultura così radicata e profonda nel nostro paese, un disturbo, uno spreco, un elemento non solo non necessario, ma anche da mortificare perché non bussi alle porte.
Eppure il fiorire di tanti concorsi di canto e il numero dei giovani che tentano di emergere la dice lunga sulla vitalità dell’Arte Lirica e dovrebbe suggerire che nonostante il dilagare della malavita e del vivere ai margini della società cosiddetta perbene, esiste tutta una fascia di giovani veramente vivaci e motivati che dedicano tempo, finanze, impegno e buona volontà per soddisfare il bisogno di esprimersi in ciò che la natura ha loro donato. Anche a questi giovani si dovrebbe dare risposta creando possibilità di lavoro, dando quindi anche alle Istituzioni meno quotate opportunità di operare e di portare avanti iniziative culturali che darebbero spazio non solo ai soliti big, ma anche a chi non potrà mai iniziare la sua carriera nei grandi Teatri o presso le Fondazioni più accreditate o ai Festival di prestigio.
Mortificando il piccolo si danneggia anche il grande perché la lirica, come ogni forma d’arte, deve essere continuamente alimentata dalla base, come avveniva un tempo, altrimenti anche le grandi Istituzioni potranno chiudere i battenti per il mancato rinnovo generazionale.
L’augurio che mi sento ogni volta in dovere di fare è che anche quest’anno, come in tanti altri, potremo avere la gioia di ascoltare buone voci e di sentire la Presidente della Commissione, Mara Zampieri, dire “la scelta è stata difficile e dolorosa perché tanti meritavano di vincere”; a vincere non sarebbero le voci, ma la Lirica.