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Marco Bellussi, regista eclettico e versatile, ha da poco presentato una sua versione della Serva padrona di Pergolesi, opera con la quale si è spesso cimentato in passato.
Questa volta si è trattato di una produzione, estremamente apprezzata dal pubblico, del Circolo Lirico di Padova, andata in scena il 9 luglio al patavino Palazzo Zacco Armeni, con il seguente cast: Serpina: Francesca Salvatorelli (soprano), Uberto: Virgilio Bianconi (baritono), Vespone: Emiliano De Lello (mimo), direttore e concertatore: Nicola Simoni, costumi: Carlos Tieppo.
La serva padrona di Giovanni Battista Pergolesi è opera di rilevanza storica e chiunque vi si accosti con l’intento di darne moderna esecuzione deve averne piena coscienza. Nata come intermezzo all’opera seria Il prigionier superbo commissionata allo stesso Pergolesi nel 1733, La serva padrona superò in successo e fama l’opera seria che la conteneva; le sere seguenti al debutto si dovette infatti replicare l’intermezzo liberato dall’involucro tragico e ben presto il giocoso componimento di Pergolesi riportò successo in tutta Italia e a Parigi, ove venne rappresentato alla presenza del re e di tutta la corte. Il capolavoro di Pergolesi deve parte del suo successo al testo pieno di vita di Federico; ritengo tuttavia che il prodigio stia nella musica che si adatta perfettamente alle qualità del testo. Essa si compone di idee serrate, concise, che inducono un movimento perpetuo e zampillante.Anche i caratteri dei personaggi sono magistralmente descritti dalla musica. Penso alla prima aria di Uberto in cui percepiamo la sua collera crescere furiosamente grazie a un movimento di tre battute, ripetute per tre volte ma sempre in tono superiore; penso ancora alla prima aria di Serpina in cui la sagace servetta sa al contempo lusingare e strapazzare. Ecco che la parte indecisa e irritabile di Uberto viene espressa attraverso le cupe tonalità bemolli, mentre la parte vezzosa e aggressiva di Serpina viene spesso impostata nelle tonalità del diesis.Ho spesso allestito questa mirabile opera di Pergolesi e a essa mi sento particolarmente legato. È stata l’opera del mio debutto (nel ’95), della mia prima collaborazione con la Fenice (nel ’96), ed è stata inoltre la prima opera a consentirmi un debutto internazionale (in Germania nel ‘98).Per l’edizione padovana mi sono divertito a estrinsecare gli aspetti più freschi e schiettamente napoletani della partitura; ho quindi immaginato la casa di Uberto con una verdeggiante terrazza prospiciente il golfo di Napoli.Vinto dai calori estivi il buon Uberto vorrebbe uscire per prendere il fresco in riva al mare; ma la sua libertà finisce dove incomincia la dispotica determinazione di Serpina. La giovane e scaltra servetta ha da subito ben chiaro il progetto e la regia esprime questa determinazione mostrando, fin dalle prime note dell’intermezzo, la ragazza che, nel segreto della sua camera, prova davanti allo specchio il sontuoso abito con gran cappello a tesa larga, abito col quale si dichiarerà «padrona». Una ambientazione inizio ‘900 ha consentito di evidenziare i tratti di grande eleganza della musica pergolesiana, eleganza che l’autore affianca sapientemente ai ritmi briosi della commedia!Anche in questo caso la maggior tensione della regia è stata volta a far sì che l’azione scenica consentisse un adeguato sviluppo alla drammaturgia dell’opera, mantenendosi sintonica al tessuto musicale genialmente intrecciato da Pergolesi.